Se brevetto un oggetto in Italia e poi lo presento ad una impresa per cederlo, quest’ultima (dopo aver rifiutato la mia proposta), può farlo brevettare all’estero per poi acquisirne il brevetto e sfruttarlo in Italia e all’estero?
La situazione prospettata è molto complessa e la risposta al quesito può essere diversa a seconda della situazione concreta in cui si viene a trovarsi. Con il deposito di una domanda di brevetto si acquista il diritto esclusivo di produrre e vendere l’oggetto inventato in esclusiva nello stato o negli stati in cui il deposito è effettuato. Ciò significa che se si brevetta un oggetto solo in Italia si acquistano i relativi diritti solo nel nostro Paese e non anche in altri stati esteri.
Tuttavia ciò non significa che qualcuno, residente all’estero, che venga a conoscenza di una determinata invenzione possa poi a sua volta brevettarla e sfruttarla commercialmente. Questo è assolutamente impossibile per l’Italia, stato nel quale esiste già un brevetto ma, a seconda delle circostanze, può essere impossibile anche in altre parti del mondo.
Le situazioni che possono venire a crearsi sono due. Se il brevetto italiano è stato pubblicato ed è quindi di pubblico dominio, all’estero chiunque può produrlo senza il consenso del titolare, ma nessuno può a sua volta brevettarlo in alcun stato in quanto ormai è diventato “arte nota”, liberamente utilizzabile da chiunque ovunque tranne che in Italia dove sussiste il brevetto. Viceversa, se il brevetto è stato depositato da poco tempo ed è sempre segreto, in effetti qualcuno potrebbe brevettarlo a sua volta in uno o più stati esteri.
A quel punto il titolare della privativa italiana ha tempo un anno dal deposito nel nostro Paese per fare valere i propri diritti, depositando a sua volta il brevetto all’estero e prevalendo su chi ha depositato dopo la stessa domanda. Se ciò non avviene l’originario richiedente resta titolare del brevetto solo in Italia e il terzo resta titolare del brevetto negli altri stati del mondo.